13 Dicembre 2022

LA VITILIGINE, UNA MALATTIA IMPREVEDIBILE

La vitiligine è un disordine acquisito della pigmentazione caratterizzato da macule acromiche ben circoscritte, di colore uniforme, bianco latteo. La chiazza di vitiligine è delimitata da contorni spesso irregolari, ma ben evidenti, a volte con un rinforzo marginale iperpigmentato; la superficie è normale (né atrofia, né ipercheratosi) se si eccettuano le alterazioni pigmentarie che possono interessare anche i peli. I due sessi sono ugualmente colpiti con un’incidenza pari a 0,5-2% della popolazione mondiale.

La vitiligine può iniziare a qualsiasi età, ma nel 50% dei casi insorge tra i 10 e i 30 anni.

E’ una malattia imprevedibile; può restare silente per anni o avere progressioni repentine. L’intervento di traumi psico-affettivi o fisici è talvolta addotto dai malati. Il sole e i raggi ultravioletti non rivestono alcun ruolo scatenante; essi invece la rivelano accentuando il contrasto tra cute colpita che non si pigmenta, e quella indenne che si pigmenta.

In base alla modalità di distribuzione e all’estensione delle lesioni vengono classicamente distinte due forme: la generalizzata e la localizzata.

La prima è la forma più frequente e colpisce più distretti cutanei simmetricamente e bilateralmente.

La vitiligine localizzata invece, colpisce una singola regione corporea. Le macule acromiche possono seguire una distribuzione focale, se la sede di comparsa è casuale, o segmentaria, quando si dispongono nelle aree tipiche di uno o più dermatomeri.

corso di vitiligine.

DIAGNOSI

La diagnosi è facile e l’intensità della diminuzione della pigmentazione si valuta attraverso il confronto con la cute sana circostante nei casi localizzati e con la cute dei genitori quando è colpito tutto il tegumento. A volte però è difficile riconoscere lesioni appena ipopigmentate in soggetti di carnagione chiara, e quindi in questi casi è utile l’esame alla luce di Wood. L’esame alla luce di Wood deve essere praticato su ogni soggetto che si presenta con una alterazione della pigmentazione; infatti nel caso di lesioni ipopigmentate, la luce di Wood accentua il contrasto tra cute lesionale e la cute normale.

LA SCELTA TERAPEUTICA

Il trattamento deve essere innanzitutto programmato in base all’estensione della patologia: nelle forme con interessamento di meno del 10% della superficie corporea è indicato un primo tentativo terapeutico con steroidi topici.

Le forme più estese potranno giovarsi, come trattamento di prima scelta, della fototerapia o fotochemioterapia (PUVA).

In alcune particolari sedi poco responsive al trattamento fototerapico (mani, piedi), o quando esistano particolari indicazioni, potrà essere tentato il trapianto di melanociti.

In casi di vitiligine generalizzata, con tendenza alla diffusione rapida della patologia, è stato proposto l’impiego di corticosteroidi sistemici in bolo, che sarebbe in grado di arrestare la progressione della patologia. Tuttavia sembra che, alla sospensione del trattamento, si manifesti nuovamente la diffusione della patologia.

Nelle forme con interessamento di più del 70-80% della superficie corporea si può tentare la depigmentazione definitiva della cute sana residua con il monobenziletere di idrochinone al 20%. Questo trattamento è lungo e presenta rischi di sensibilizzazione da contatto.

CORTICOSTEROIDI TOPICI

Possono essere utilizzati corticosteroidi topici di media-alta potenza per il trattamento delle forme di vitiligine molto localizzate e per i bambini più piccoli che non possono essere sottoposti a trattamento fototerapico. Il trattamento con steroidi topici può essere protratto per 1-2 mesi e si deve esercitare una strettissima sorveglianza, al fine di individuare al più presto possibili effetti collaterali.

ALTRI IMMUNOMODULATORI

Recentemente è stata descritta l’efficacia del Tacrolimus per uso topico nella vitiligine localizzata. Le modalità d’impiego e l’effetto sarebbero simili a quelli degli steroidi topici.

FOTOTERAPIA

La fototerapia ha sempre rappresentato uno degli approcci terapeutici più efficaci nella vitiligine, patologia nella quale i tentativi terapeutici spesso avvengono su base empirica. L’efficacia della fototerapia si basa sulla possibilità di stimolare la comparsa di una ripigmentazione nelle aree affette da vitiligine, promuovendo la ripopolazione di dette aree da parte dei melanociti provenienti dalla cute sana perilesionale e dal “reservoir” costituito dai follicoli piliferi. Lo stimolo è rappresentato dalla radiazione ultravioletta, associata o meno alla somministrazione sistemica o topica di prodotti fotosensibilizzanti. L’elioterapia ha fornito risultati incostanti, come del resto la fototerapia con UVB a banda larga (UVB convenzionali o “broad band”). Con l’introduzione della PUVAterapia negli anni 70, questa è stata impiegata anche nella vitiligine.

La PUVA terapia nella vitiligine

Fino a pochi anni fa, la PUVA rappresentava il trattamento fototerapico di prima scelta per questa patologia. Attualmente, al fine di evitare gli effetti collaterali dovuti all’assunzione orale degli psoraleni, si tende quando è possibile, e ne esistono le indicazioni, a praticare una fototerapia con UVB a banda stretta (TL01).

La PUVAterapia può essere praticata, sia facendo esporre il paziente (dopo assunzione orale dello psoralene) ad una sorgente artificiale di UVA, oppure alla luce solare (PUVASol, chemioelioterapia). Quest’ultima modalità di trattamento, piuttosto in voga alcuni anni orsono, deve essere sconsigliata perché, non essendo controllabile con precisione la dose di UVA ricevuta durante l’esposizione solare, possono comparire violente reazioni fototossiche.

NOVITA’

In base alla teoria secondo la quale nella vitiligine vi sarebbe un danno ai melanociti indotto da radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno (reactive oxygen species: ROS), quindi uno “stress ossidativo”, sono stati da noi proposti trattamenti con integrazione di antiossidanti per via orale.

Sebbene la cute possieda un efficiente e vario network antiossidante, molte sostanze ossidanti possono sfuggire alle maglie del sistema e causare un danno critico, specialmente nei casi in cui i meccanismi di difesa si trovino a fronteggiare un sovraccarico.

Va sottolineato come abbiano dimostrato maggiore efficacia, per via sistemica, le miscele di antiossidanti rispetto ai singoli principi attivi, stante a dimostrare come si rende necessario che la supplementazione si inserisca in maniera integrata in quel complesso sistema che è il pool antiossidante fisiologico. In base a questi rilievi abbiamo impiegato varie miscele di antiossidanti contenenti: betacarotene, vitamina C, vitamina E, oltre alla l-tirosina, la l-cisteina e altri nutrienti utili per la sintesi della melanina. In aggiunta possono essere aggiunti oligoelementi quali selenio, rame e zinco.

Sulla base di queste considerazioni e in seguito ai risultati positivi che abbiamo ottenuto nella vitiligine con la sola somministrazione di antiossidanti sistemici, abbiamo avviato degli studi che prevedono l’associazione degli antiossidanti con la fototerapia UVB a banda stretta. Oltre all’effetto scavenger sui radicali liberi, che influenzerebbe in modo positivo l’evoluzione della vitiligine, non è da escludere che vi sia anche un effetto fotoprotettivo legato alla somministrazione di antiossidanti nel senso di un innalzamento della soglia di eritema ed una riduzione dei fenomeni infiammatori conseguenti all’esposizione agli UV. In tale maniera la fototerapia UVB a banda stretta verrebbe anche tollerata meglio ed il dosaggio potrebbe essere incrementato con maggior tranquillità. Oltre alla miscela di antiossidanti, ci sembra utile associare, nel caso specifico della vitiligine, quei nutrienti ed oligoelementi che potrebbero avere un ruolo positivo nel processo di formazione delle melanine ed in particolare: l-tirosina, l-cisteina, rame, zinco, vitamina B2 (riboflavina) e vitamina D3. Queste sostanze, in conclusione, agiscono tutte favorendo la conversione della tirosina a diidrossifenilalanina, facilitando quindi il compito della tirosinasi. Della tirosina è ben conosciuto il ruolo fondamentale svolto nel pathway che porta alla sintesi della melanina: si ritiene pertanto che un adeguato apporto della sostanza sia di aiuto all’ottenimento di una efficace risposta pigmentogena conseguente all’irradiazione con ultravioletti.

Fototerapie cosìdette “mirate”

Esistono degli Istituti privati che propongono terapie “mirate” che si basano sulla applicazione del fascio di luce ultravioletta su una zona molto limitata di cute. Questi trattamenti consentirebbero di non irradiare la cute sana nelle zone non affette da vitiligine.

Recentemente sono stati pubblicati degli studi sull’efficacia di due nuove sorgenti fototerapiche: la luce monocromatica ad eccimeri ed il laser ad eccimeri 308 nm per il trattamento della Vitiligine. Queste due nuove sorgenti permettono di irradiare selettivamente le chiazze di Vitiligine risparmiando la cute sana circostante.

La lunghezza d’onda del laser e della luce ad eccimeri è sempre UVB a banda stretta 308 nm, ma nel caso della luce invece è un’emissione non coerente (infatti non è un laser nel senso stretto del termine).

Il Laser ad eccimeri 308 nm grazie all’emissione di un fascio di luce monocromatico, coerente e collimato di notevole potenza permette trattamenti rapidi e di indurre precocemente il fenomeno della ripigmentazione già dopo solo 10 sedute. I pazienti non avvertono nulla durante il trattamento se non una transitoria sensazione di calore, quindi con una tollerabilità ottimale.